Dialoghi dall'altro mondo:
Il poeta Torquato Tasso e la Principessa Eleonora
da: Wolfgang Goethe, "Torquato Tasso" (1790)
"Tu
sei
ancora
quale mi apparisti la prima
volta,
un
angelo santo!
Perdona al fosco sguardo di un mortale se per un istante poté conoscerti. Egli ti riconosce; ora l'anima sua si apre tutta per
adorarti eternamente; il cuore si ricolma di tenerezza." (W. Goethe, "Torquato Tasso", scena IV)
ELEONORA –
È una poesia meravigliosa, ma Voi siete stato oltremodo ridicolo
nel proporla come una vera dichiarazione d'amore. E non solo ridicolo è
stato il modo. Chiedere la mano a me, alla sorella del Duca,
poteva essere inteso solo come un affronto a chi Vi ospitava con tanta cura. A corte si valutò per Vostra fortuna lo sgarbo con generosità, come il
gesto sconsiderato di una mente frastornata che non sa della
differenza tra la poesia e la vita. Ora, anche se entrambi siamo spiriti che vivono in un altro mondo, potete ben capire come allora non sarebbe mai bastata una poesia a rendere possibile un amore.
TASSO –
Ho scelto per Voi le parole migliori che
conoscessi. Ma la mia lingua non era solo un abito per
le occasioni importanti. Era il modo
più vero di dare una voce a ciò che voce non può avere. Cosa ne avreste
mai potuto comprendere Voi, col Vostro parlare ligio e vuoto! Solo vanità si racchiudeva nei Vostri modi cortesi. E pure io, della Vostra vanità, ne sono stato strumento del tutto inconsapevole. Non
solo in quell'infausto frangente in cui misi a nudo la mia anima per
il vostro disprezzo.
ELEONORA –
Dovete ammettere che nella Corte di cui eravate ospite
prezioso, la vita aveva almeno quella chiarezza, quella forma e
quella solidità che a Voi faceva del tutto difetto. Il Vostro cuore
era vivo e quando parlava sapeva emozionarci e struggerci. Tuttavia quando era la Vostra mente a parlare non ne facevate bella
figura.
TASSO –
Come potevate voi che non conoscevate la lingua del cuore comprendere
la lingua della mente? Quello che appariva ai vostri orecchi
soltanto groviglio informe era in realtà un ordine sublime a cui
voi, come tutti i Vostri simili, eravate distante come distanti vi sono le stelle del
cielo.
ELEONORA –
Avrete pure indicato la vie più sublimi dell'universo, ma qui sulla
terra non sapevate nemmeno dove andare: volevate prima ritirarVi in
una residenza di campagna del Duca, poi affermaste che non volevate
più farVi vedere e subito dopo che non potevate più vivere senza di
me. Quando arrivaste a chiedere la mia mano fu il segno definitivo della Vostra insania.
TASSO –
Mi ero innamorato di ciò che eravate diventata nella mia poesia.
Siete stata l'origine del mio ardore poetico, ma il frutto non Vi ha
rassomigliato in nulla. Non avrebbe mai potuto
rassomigliarVi, ben lo sapevo. Del resto, Voi, Eleonora, senza la mia poesia, la Vostra fama avrebbe
avuto il destino di una mosca che muore col giorno.
ELEONORA –
Non avevate assunto l'incombenza di confortarci e rasserenarci con la
dolcezza delle Vostre parole? Questa era la ragione della Vostra
presenza a Corte. Che abbiate preteso di
più e di meglio dice come anche Voi non foste immune dalla
vanagloria. La Vostra ambizione vi ha portato persino a
sfidare Antonio, geloso del rispetto e del potere di cui godeva
come uomo di comando. Avete cercato di fare mercimonio della Vostra fama di
poeta.
TASSO –
Nulla avete compreso della dedizione e del dolore necessari alla
poesia. Ciò di cui nemmeno ora avete cognizione è
come la poesia sia stata per me un destino crudele e dolce nel
contempo. Ogni mio fallimento mi assegnava il compito di trovare le parole da donare agli uomini affinché molcessero il morso delle loro pene e imparassero a redimere ogni loro debolezza.
(Liberamente
tratto da: C. Giacobazzi, "Liebeserklärungen",
K&N, 2019)

Dialogo molto bello.
RispondiEliminaGrazie Andrea!
RispondiElimina