martedì 13 agosto 2013

L'ENERGIA VITALE DELL'ISTINTO


La marchesa di O., una delle opere più note di Heinrich von Kleist, è in genere giustamente letta come una storia di violenza contro una donna inerme la quale trova tuttavia la forza di ribellarsi alla sopraffazione, dunque come un caso esemplare di emancipazione e di liberazione della donna. Forse anche per questa ragione la sua vicenda può portare un insegnamento di grande utilità alla consapevolezza di sé di un seduttore che voglia evolversi.

La storia può essere così brevemente riassunta: scoprendosi incinta senza rendersi conto di come possa essere avvento il concepimento, ripudiata dalla famiglia, riceve la confessione di un ufficiale russo, proprio di colui che l'aveva salvata dalla violenza di un manipolo di soldati: rimasto solo con lei svenuta, sopraffatto da una cieca e folle passione si era approfittato di lei, ma ora, sempre più intensamente innamorato, intende chiederle la mano e sposarla immediatamente. La marchesa, benché in un annuncio sul giornale avesse cercato il padre, chiunque fosse, affinché sposandola assumesse le sue responsabilità, reagisce alla rivelazione con un moto di orrore e si rifiuta categoricamente di vederlo. Solo un tenace e lungo corteggiamento a distanza, l'assunzione di tutti i doveri ma di nessun diritto di sposo e di genitore, convince la marchesa dei sentimenti dell'ufficiale ed è così che la storia si conclude nel più classico del lieto fine: una matrimonio felice rallegrato da altri figli.

La domanda su ciò che ha indotto la marchesa a mettere prima alla prova il suo violentatore e poi a sposarlo trova una risposta in una concezione della colpa che non esige solo l'espiazione del colpevole. Si tratta di considerare ciò che ha spinto l'ufficiale alla violenza come una forza della natura in grado sì di assoggettare gli umani ma anche di elevarli. La loro umanità non si rivela allora nella loro innocenza, ma nel modo in cui reagiscono al male che possono procurare. Il rimanerle accanto rischiando la corte marziale, l'accettare un contratto di matrimonio che lo teneva lontano da lei e del figlio, l'averla attesa a lungo, ha convinto la marchesa di come l'energia vitale della passione che nell'ufficiale si era mostrata nella sua veste più cieca, disordinata e violenta, avesse potuto indirizzarsi in modo costruttivo verso l'ordine di una relazione. La marchesa accettandolo come colpevole gli offre l'opportunità di dimostrare come l'istinto che ha prodotto la violenza su di lei potesse essere dirottato nell'assunzione di responsabilità, nella costruzione di una esistenza.

A differenza del puro che si nega alla vita, il seduttore evoluto sa dei rischi racchiusi nell'abbandono alle sue ricchezze. Ma sa anche che è possibile trovare in esse l'energia per porre rimedio ai danni che eventualmente procurano.



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