sabato 29 giugno 2013
“GITTARLO A’ CANI?”: L'AMORE IN ECCESSO
Tra le esperienze più imbarazzanti, ma anche dolorose e, inoltre, dense di rischi di ogni sorta vi è senza ombra di dubbio il confronto con la flagranza del tradimento. Dubbi e sospetti possono convivere con una tutto sommato normale vita di coppia. Anche mail o pagine di facebook esplicite possono, con un po' di fantasia e molta propensione al quieto vivere, essere rubricate nelle inevitabili scappatelle mentali. La tangibile consapevolezza che il partner ha tradito il patto di fedeltà costringe invece, volenti o nolenti, ad azioni ricche di conseguenze. Persino il perdono non può rimettere le cose come stavano. Non si può neppure credere che il fedifrago, o la fedifraga, abbia vita facile nella sua impossibilità di negare l'evidenza e di scovare una qualsiasi interpretazione dei fatti che la neghi.
Una delle poche possibilità di salvare come si suo dire capra e cavoli è rivolgersi all'amplissima casistica di tradimenti che offre la letteratura. La settima novella del sesto giorno del Decamerone del Boccaccio può offrire, nonostante la distanza temporale, ispirazione per affrontare dignitosamente una tragedia sempre attuale: un marito che coglie sul fatto la consorte.
Filippa viene scoperta tra le braccia di Lazzarino, un giovane che ama e da cui è ricambiata da tempo. Di fronte al tribunale che applicando la legge ha il potere di mandarla al rogo per la sua infedeltà, trova un argomento in grado di salvarle la vita: non ha fatto mancare nulla al marito Rinaldo, gli ha dato tutto ciò di cui un marito ha bisogno. Cosa ne deve fare dell'amore che le resta? “Avrebbe dovuto gittarlo a’ cani?”. Invece di sprecarlo ha pensato fosse sempre meglio darlo a un giovane gentile che la ama con tutto il cuore.
Non si può dire se la difesa di Filippa possa essere presa come modello da imitare anche ai giorni nostri, se possa servire nelle cause di divorzio o anche solo per placare l'ira del marito. Probabilmente no, al giorno d'oggi non funzionerebbe. Tuttavia si può intendere l'arringa difensiva dell'appassionata Filippa come una esortazione a non essere schiavi di contratti e di leggi che li sanciscono e li fissano una volta per tutte. Si tratta dunque di un'esortazione a cercare di mediare tra le esigenze della legge (la sposa ha sempre dato tutto ciò che doveva dare al marito) e quelle che sorgono nello scorrere del tempo e nelle vicende della vita.
Il diritto ha schemi rigidi che non possono racchiudere completamente la complessità, la mutabilità e la vitalità degli affetti. L'amore richiede spiriti emancipati che sappiano applicare le leggi tenendo conto delle molte, a volte contraddittorie ragioni della vita affettiva.
giovedì 13 giugno 2013
IL PECCATO DI DESIDERIO
Vi è un modo certo di sbagliare tempi e modi dell'approccio: il pensarlo come un'operazione che esiga una precisa procedura come se si trattasse di affrontare, per esempio, un lavoro di bricolage. Gli esseri umani, si sa, non sono cose e il compito di guidarli verso precisi comportamenti ha una complessità di ben altra natura rispetto alla manipolazione di una materia inanimata. Gli oggetti, anche i più complessi, si lasciano controllare e possedere da mani esperte. Il controllo e il possesso della volontà di esseri umani è faccenda ben più delicata e insidiosa.
Un approccio a una donna interessante guidato da una ben precisa finalità che non tenga conto di questa sostanziale differenza, si risolve nella grande maggioranza dei casi in una esperienza decisamente frustrante. Il sentirsi degradata a oggetto manipolabile può giustamente scatenare, nella grande maggioranza dei casi, gli istinti più aggressivi. L'errore è dunque iniziale: il concepire l'approccio come un evento programmabile e controllabile nelle sue forme e nei suoi esiti. Per non cadere però nella pigra constatazione che non si può fare nulla perché il successo è una faccenda più legata al caso che alla programmazione, ci deve rendere innanzitutto conto di come sia paradossale l'impresa di avvicinare una persona senza evidenziare troppo il proprio intento giacché occorre mettere in scena il caso, organizzare la spontaneità. Ancora paradossalmente si può affermare che il problema fondamentale dell'approccio sia quello di doverlo nascondere.
Fa parte dell'abc di ogni attore quello di dimenticarsi di sé al fine di calarsi in modo convincente nella parte. Non sono semplicemente gesti e parole che occorre apprendere, ma è necessario assumere un punto di vista, un modo di essere e di pensare. Solo così si entra, come si suol dire, nella parte. In tal senso si dovrebbe concludere che per nascondere agli altri in modo efficace ciò che si sta facendo è indispensabile nasconderlo prima di tutto a se stessi.
Questa impresa richiede per esempio un ottimo controllo dell'immaginazione e dei propositi. Preoccuparsi solo di cosa si fa o si dice è del tutto inutile perché i propri pensieri e i propri desideri emergono inevitabilmente da ogni gesto e, in particolare, da ogni sguardo. Se la bibbia giudica lo sguardo concupiscente come peccaminoso significa che vi si riconosce già un gesto di bramosia disordinata e di violenta presa di possesso dell'oggetto concupito. In tal modo, anche se si fosse in grado di ricordare la battuta più sagace di un manuale, la bella concupita vedrebbe davanti a sé, a seconda dei casi, un lupo cattivo o un ridicolo lupacchiotto. Di certo l'aspetto famelico non è una buon biglietto da visita.
Entrare in modo plausibile nella parte che si sta recitando significa allora pensare solo a quello che si sta dicendo, dire e fare solo ciò che viene in mente, senza secondi fini o strategie. Significa pulire la propria mente da speranze o timori e abbandonarsi al momento per goderlo pienamente se la ragazza si svela non solo interessante nell'apparenza ma anche nella sostanza. Se poi non si mostra per nulla disposta a scambiare nemmeno due parole, allora la serenità di una mente in cui nessuna speranza è andata delusa permette di rielaborare in serenità il rifiuto senza viverlo come una sconfitta.
sabato 1 giugno 2013
LE INSIDIE DELLA QUANTITÀ
È così ampia la casistica di psicologie femminile e così vario il modo di pensare, sentire e agire del genere umano in generale, che per ogni strategia di seduzione, anche la più assurda, insensata e surreale, si trova la preda adatta. Nel mare della seduzione non importa l'esca che si attacca all'amo perché un pesce che vi abbocchi prima o poi si trova. Basti pensare che può essere addirittura in grado di impressionare favorevolmente un'azione del tutto primitiva come l'esibire al primo invito a un aperitivo, senza nemmeno troppa circospezione, un portafoglio gonfio di banconote.
Non minori possibilità di successo si possono riconoscere a chi punta tutto sulla sua natura di eroe benché di eroico nella sua vita non vi si sia assolutamente nulla. È così che, pur di non rinunciare a narrazioni celebrative di propri grandi trionfi è costretto al penoso esercizio di innalzare a grandi gesta questioni di eccezionale banalità che dalla loro possono vantare solo misere virtù quantitative: il numero di ore di lavoro, di chilometri percorsi, di ore insonni e così via.
Il seduttore evoluto potrebbe, in circostanze ben determinate e del tutto anomale, utilizzare simili miseri espedienti. Deve tuttavia essere ben consapevole del tipo di esperienza che potrà riservare una conquista del genere. Una donna che non prova un minimo di fastidio di fronte a una esibizione di eroismo tanto malaccorta e imbarazzante o è del tutto tonta o è guidata da intenti piuttosto subdoli. Eccessiva silenziosa accondiscendenza espone a rischi di cui non ci si può fare inizialmente nessuna idea. Se si pensa sia indispensabile sapere se valga la pena affascinare chi si ha di fronte, allora è bene mettersi anche in ascolto di come lei vede le cose del mondo e fare attenzione a come le racconta.
Il fatto che l'immagine di eroe sia costruita sul nulla non significa affatto che se ne possa liberare a piacimento giocando sulla ingenuità della bella conquistata. Proprio le immagini smaccatamente fantastiche sono le più persistenti e chi si presenta come l'eroe di interminabili percorsi autostradali o di lunghe ore di veglia notturna deve sapere, per esempio, che gli saranno richieste in molti altri campi medesime prestazioni puramente quantitative.
Non minori possibilità di successo si possono riconoscere a chi punta tutto sulla sua natura di eroe benché di eroico nella sua vita non vi si sia assolutamente nulla. È così che, pur di non rinunciare a narrazioni celebrative di propri grandi trionfi è costretto al penoso esercizio di innalzare a grandi gesta questioni di eccezionale banalità che dalla loro possono vantare solo misere virtù quantitative: il numero di ore di lavoro, di chilometri percorsi, di ore insonni e così via.
Il seduttore evoluto potrebbe, in circostanze ben determinate e del tutto anomale, utilizzare simili miseri espedienti. Deve tuttavia essere ben consapevole del tipo di esperienza che potrà riservare una conquista del genere. Una donna che non prova un minimo di fastidio di fronte a una esibizione di eroismo tanto malaccorta e imbarazzante o è del tutto tonta o è guidata da intenti piuttosto subdoli. Eccessiva silenziosa accondiscendenza espone a rischi di cui non ci si può fare inizialmente nessuna idea. Se si pensa sia indispensabile sapere se valga la pena affascinare chi si ha di fronte, allora è bene mettersi anche in ascolto di come lei vede le cose del mondo e fare attenzione a come le racconta.
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