mercoledì 30 maggio 2012
L'INGANNO DEL LIETO FINE
Nel prossimo manuale del seduttore evoluto dedicato alla seduzione impossibile, un importante capitolo riguarda la relazione tra due partner di grande differenza d'età. L'ambizione di avvicinare e frequentare un partner molto più giovane è di pertinenza degli stadi più avanzati nell'evoluzione della seduzione, di livelli insomma accessibili a ben poche eccezioni. I più dovranno quindi leggerlo con lo scopo di trovare buone ragioni per desistere al fine di dedicarsi a passioni meno pericolose come quella per nipotini, per le carte da gioco o per la squadra del cuore.
Da ammonimento in tal senso può servire l'atroce, splendido racconto di Thomas Mann L'inganno: una signora ormai in età decisamente matura si innamora perdutamente di un ragazzo molto più giovane di lei. Ebbra di passione vaneggia di trovare il segnale di una nuova giovinezza e di una nuova fertilità in perdite di sangue che altro non sono che il sintomo crudele di una malattia mortale.
Cadere nell'inganno di una nuova giovinezza, con tutte le implicazioni letali che comporta, è il baratro da cui ben pochi si salvano tra coloro che osano innamorarsi di un partner o di una partner molto più giovane. Eppure vi sarebbe una possibilità di salvezza, benché certamente non facile: sottrarsi al penoso improbabile tentativo di sconfiggere il tempo. Le energie risparmiate possono essere così dedicate a valorizzare i vantaggi affatto trascurabili che offre l'età a chi ha la capacità, per certi versi eroica, di coglierli.
Una certa dose di eroismo è per esempio necessaria per abbandonare l'illusione giovanile che le storie debbano per forza avere un lieto fine. L'illusione che ogni atrocità relazionale possa essere redenta, che nel futuro la si potrà raccontare come si racconta la favola di Cappucetto Rosso dopo l'intervento salvifico del cacciatore, è ciò che rende malauguratamente sopportabile ogni afflizione del presente. La fuga nel futuro e nella sua vana promessa di riscattare tutto il male del momento, l'accettazione dunque di ogni angheria nella speranza di un futuro migliore, non può più ingannare chi sa che il futuro è già arrivato. Nessuna promessa di lieto fine può tenere legato a uno stato di cose che non si possono più cambiare perché manca il tempo necessario per poterlo fare. Il sentirsi immune da questo inganno rende rilassati e insegna l'arte di prendere dignitosamente congedo, un'arte preziosa per chi ha il privilegio di avanzare in età.
Se tutto è giunto al suo compimento e si è già diventati quello che si poteva diventare, allora non si ha più nessuna smania di costruire qualcosa di duraturo. Diviene dunque più facile non solo il sottrarsi a vane sopportazioni ma anche l'accogliere ogni giorno di gioia, o anche solo di serenità, come un regalo che, una volta ricevuto e goduto, nessuno potrà più togliere. È così possibile godere dello stupore rasserenato di chi può pensare che in fondo un lieto fine c'è stato. E non importa poi tanto se è arrivato in una maniera diversa da come si era immaginato: non sarà comunque l'ultima parola.
martedì 22 maggio 2012
COLPO DI FULMINE?
Chi ama guardare film d'amore, o leggere romanzi rosa, immagina che l'amore più emozionante, coinvolgente e vero, sia quello che nasce all'improvviso da un così detto colpo di fulmine. L'amore si manifesterebbe con la incantevole veemenza di uno squarcio di luce che cambia all'improvviso l'aspetto di ogni cosa.
Anche chi scrive manuali di seduzione sembra trarre in genere grande ispirazione da questo tipo di letteratura: la capacità di “fare colpo” già al primo approccio è tenuta in alta considerazione. Più velocemente si “abbatte la preda”, e maggiore sarebbe anche il successo e l'autostima. Non è difficile comprendere come questa ambizione di fare innamorare "sul colpo" sia alimentata da una delle tante illusioni sollecitate da certe finzioni del cinema o della letteratura.
È di certo vero che il miracolo del colpo di fulmine talvolta può accadere anche nella realtà. Ma quando accade è perché avviene un casuale e per certi versi fenomenale incontro della medesima illusione. Sono certi film d'amore, certe fiction televisive, non la realtà dell'esperienza quotidiana, a suggerire come ci si debba presentare – dalle cose da dire e fare alle mise – affinché la corteggiata si lasci cogliere in pieno dal primo colpo dello strale amoroso. Se la corteggiata alimenta con le medesime suggestioni il desiderio di innamorarsi, allora il gioco è fatto. Entrambi si sentiranno perfettamente e perdutamente innamorati. Il corteggiatore è arrivato là proprio dove era atteso. Si è materializzata nella fisicità di un corpo, di parole e di un certo vestiario ciò che la bella aveva già creato con la fantasia dentro di sé.
“Allora – si chiede il seduttore non evoluto – che male c'è? Se ci sta!" E invece il male c'è e solo se lo si riconosce lo si può anche neutralizzare al fine di cogliere solo gli aspetti piacevoli della circostanza fantastica benché reale. Il doversi adeguare a una immagine illusoria – quella di un personaggio che vive nel mondo delle finzioni – non è una prova di cui si possa sperare di essere all'altezza. Non è però semplicemente inutile ma anche molto deleterio presentarsi in modo che l'approccio faccia crescere nella bella preda attese tanto smisurate. Attese immaginarie sono la strada più breve verso grandi delusioni. Non bisogna infatti dimenticare che l'ammirazione e la lode possono velocemente trasformarsi in richieste perentorie di qualità e prestazioni assolutamente non comuni. Chi innalza fantasiosamente l'altro su un piedistallo fa presto a dargli una spinta del tutto reale per farlo ricadere prontamente in basso. Non è dunque difficile, dopo sforzi tanto gravosi quanto inutili, sopportare il repentino e deprimente passaggio da lodi e ammirazione a disapprovazioni e disprezzo.
Ci sono molte ragioni per pensare che la velocità di esecuzione, anche in questo caso, non sia proprio una caratteristica di cui andare fieri. La pazienza di proporre il tipo, il modello che ci è più idoneo, la costanza di aspettare che la bella preda si accorga di noi, è di certo la strada più lunga e difficile ma è spesso l'unica degna della seduzione evoluta.
martedì 15 maggio 2012
LA SCHIAVITÙ DELLA NECESSITÀ
... è da due anni che cerco con tutte le mie forze di conquistare/sedurre una donna, e sono due anni che non ci riesco. Ci sono andato vicino, ma non ce l'ho fatta [..] sono abbastanza bravo nel "catturare" l'attenzione delle donne, alcune di esse mi hanno scritto/detto che le avevo prese "nella testa", che ero entrato "dentro i loro neuroni", ma poi muore tutto lì [...] Il manuale del seduttore può essermi davvero d'aiuto? Consigli da darmi? [...] ho una voglia matta di sedurre e di fare sesso con un'altra donna [...]
Cito questa mail perché svela in modo lampante una concezione della seduzione non proprio evoluta. Il simpatico lettore immagina che vi sia un “obiettivo”, uno solo, da raggiungere nella seduzione. Non ha ancora acquisito la consapevolezza che nessun altro al di fuori di lui può in qualsiasi momento decidere quale sia il traguardo e quando si sia tagliato il filo di lana. Non può esserci un “fare” cosciente che possa privarsi di una mente in grado di deciderne e modificarne in qualsiasi momento procedure, tempi e finalità. Come ogni meta dettata dall'alto e una volta per tutte anche l'obiettivo della seduzione, così come se lo immagina l'aspirante seduttore che mi scrive, si svela opinabile e arbitrario, dunque sorretto da una forma di inconsapevolezza a cui il seduttore evoluto non può non sottrarsi.
“Fare sesso”, come si esprime il simpatico amico, è una possibilità tra le tante della seduzione, non una sua necessità. Il seduttore evoluto non si rende schiavo della necessità. Si può, per esempio, permettere il lusso di decidere che “entrare dentro i neuroni” di una bella donna sia l'obiettivo che per quel momento lo soddisfa pienamente. Non si tratta semplicemente di accontentarsi, di disprezzare l'uva che non si può raggiungere. Si tratta di trasmettere la sensazione di stare comunque bene nella propria pelle, di essere dunque un uomo libero dalla schiavitù della necessità. Del resto come potrebbe un uomo dalla mentalità dello schiavo trionfare nel letto, proprio là dove la seduzione ha bisogno di attori liberi dai bisogni del quotidiano per potere celebrare degnamente la festa della giocosità, dell'ebbrezza e del godimento?
La festa non sarebbe così bella se fosse tanto facile e tanto banale come soddisfare un bisogno quotidiano. Conquistare l'intimità di una donna che si desidera è sempre un'impresa che ha anche qualcosa di incontrollabile, di miracoloso quasi. Per questa semplice ragione è del tutto insensato proporsela sempre e in ogni caso come un obiettivo, abbassarla al rango di una esigenza. Se non si può trovare la ricetta affinché si realizzino i desideri più dolci e succulenti, si può prevedere con un certo margine di certezza come non si possano realizzare: agire nel tormento della necessità. “A chi ha sarà dato” vale anche per la seduzione.
“Fare sesso”, come si esprime il simpatico amico, è una possibilità tra le tante della seduzione, non una sua necessità. Il seduttore evoluto non si rende schiavo della necessità. Si può, per esempio, permettere il lusso di decidere che “entrare dentro i neuroni” di una bella donna sia l'obiettivo che per quel momento lo soddisfa pienamente. Non si tratta semplicemente di accontentarsi, di disprezzare l'uva che non si può raggiungere. Si tratta di trasmettere la sensazione di stare comunque bene nella propria pelle, di essere dunque un uomo libero dalla schiavitù della necessità. Del resto come potrebbe un uomo dalla mentalità dello schiavo trionfare nel letto, proprio là dove la seduzione ha bisogno di attori liberi dai bisogni del quotidiano per potere celebrare degnamente la festa della giocosità, dell'ebbrezza e del godimento?
La festa non sarebbe così bella se fosse tanto facile e tanto banale come soddisfare un bisogno quotidiano. Conquistare l'intimità di una donna che si desidera è sempre un'impresa che ha anche qualcosa di incontrollabile, di miracoloso quasi. Per questa semplice ragione è del tutto insensato proporsela sempre e in ogni caso come un obiettivo, abbassarla al rango di una esigenza. Se non si può trovare la ricetta affinché si realizzino i desideri più dolci e succulenti, si può prevedere con un certo margine di certezza come non si possano realizzare: agire nel tormento della necessità. “A chi ha sarà dato” vale anche per la seduzione.
martedì 8 maggio 2012
IL PIACERE IMMORALE
Chi ha diligentemente frequentato con la futura consorte i corsi prematrimoniali per sposarsi in chiesa lo sa bene: “Il sesso è la giusta ricompensa per chi si accolla le preoccupazioni e i doveri di una famiglia”. Solo così il prete-docente di turno giustifica quel piacere che a suo dire deve essere purificato dal sacrificio. Secondo questo modo di vedere le cose non esiste piacere che possa essere accettato nudo e crudo così com'è. Per goderne occorre una sorta di espiazione, preferibilmente preventiva.
Del resto non solo la religione, anche la nostra cultura tollera il piacere solo se lo si può in qualche modo giustificare: il riposo se non è “meritato” è indolenza e apatia, il divertimento è sì concesso ma solo se è “sano”, il vino poi fa addirittura bene alla salute se è goduto con moderazione. E così via.
Il godimento che sia solo godimento e nient'altro ha sempre qualcosa di colpevole e di indecente. Se viene a mancare ciò che lo redime – come nel caso delle gioie godute dal seduttore evoluto – il godimento è immorale e l'effetto tossico è decisamente pernicioso. Ogni delizia va toccata con i guanti di ciò che può giustificarla. Se non si vuole che abbruttisca anima e corpo occorre cautelarsi col rispetto di salutari norme profilattiche.
I piaceri a cui si può avere diritto di accesso immediato e illimitato sono solo i piaceri considerati nobili, vale a dire quelli su cui il corpo non ha nessun diritto: lo spirito, o anche solo la mente possono goderne fino all'eccesso, l'importante è che la carne non ne sia coinvolta. Il seduttore evoluto non solo non traccia una netta linea di confine tra la mente e il corpo, ma li considera perfetti alleati nell'alterno e instabile gioco della vita. Come potrebbe mai essere il godimento fisico senza la mente che lo rende possibile e lo prepara col desiderio? Che lo conserva e lo cura come ricordo e come emozione?
La mente umana è uno strumento formidabile sia per accogliere ciò che la carne ci offre in piacere, sia per affrontare ciò che inevitabilmente ci riserva in sofferenza. Non è stolto metterla in gioco solo per sopportarne il dolore e non per goderne dei piaceri? Perché amare solo le beatitudini sagge, gloriose e faticose, non quelle dolci, facili, pronte? Perché rinnegare quei semplici sfizi umani così gioiosamente desiderati dalla nostra carne irrequieta?
Se il seduttore evoluto di tanto in tanto accetta di moderare le proprie voglie, di temperare la sua indole godereccia, è solo perché la misura e la moderazione sono anch'esse a loro volta strumenti, benché provvisori, in grado di preparare e alimentate il piacere. Tuttavia l'intelligenza e la sensibilità, la mente e il cuore dunque, permettono di discernere fino a che punto può protrarsi l'attesa. Non vi sono piaceri umani che possano essere rimandati a un'altra vita.
martedì 1 maggio 2012
L'ERRORE INEVITABILE
Vi è un momento di grande delicatezza nel percorso verso l'esplorazione dell'intimità di una donna: quando, dopo una prima fase euforica in cui ha provato a dare l'immagine migliore di sé, subentra in lei l'esigenza decisamente deprimente di rivelare tutte le sue pene. Il marito o il compagno – attuali o già passati – ne sono di frequente la causa principale.
Ora è evidente come sia auspicabile ogni circostanza che porti a confidenziali approfondimenti della relazione. Tuttavia chi deve confrontarsi con la confessione di infelicità è posto di fronte a insidie che, se non riconosciute, possono vanificare tutto ciò che fino a quel punto si era ottenuto: non è praticamente possibile dire la cosa giusta.
È un errore puntare sul piano razionale elencandole tutte le qualità, vere o immaginante, a cui può ricorrere per risolvere il suo problema. La desolata vi vedrebbe un'ingiuria nascosta dietro le pur ragionevoli argomentazioni, e precisamente quella di essere definita una piagnucolona che preferisce il lamento alla risoluzione del problema. Non si può nemmeno assentire perché la si accuserebbe non solo di essere la vittima debole di un uomo malvagio ma anche di non sapere scegliere l'uomo giusto. Ovvio che una simile affermazione, benché implicita, non possa che ritorcersi contro chi la fa. Nemmeno reagire semplicemente con forme di comunicazione non verbale può dare qualche garanzia di fare la cosa giusta. Rimanere impassibili davanti al suo monologo potrà essere percepito come disinteresse. Al contrario manifestare con sguardi intensi compartecipazione emotiva si rischia di offrire una intimità non richiesta. Il prenderle poi la mano sarebbe, in questa situazione, un'azione altamente rischiosa: si passa facilmente per approfittatori di circostanze o, al peggio, come velleitariamente intenzionati a giocare il ruolo di salvatori.
Il bello, o il brutto, è che ognuno di questi errori potrebbe essere la risposta giusta, vale a dire quella che porta la bella addolorata tra le braccia del seduttore. Solo il caso decide. A meno che il seduttore non sia così abile da aver capito in poco tempo quale sia la sua indole: quella di donna fragile alla ricerca di un uomo forte o quella di una donna desiderosa di dominio che voglia un uomo per fargli capire come non sia in grado di fare nulla per lei.
Il seduttore evoluto, che sa dell'importanza del caso, che è in grado di distinguere tra ciò che può e non può decidere e che è ben cosciente delle insidie procurate da certe psicologie femminili, lascia fare e, se ne vale la pena, sta a vedere come va a finire.
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