domenica 8 gennaio 2012

SIAMO TUTTI "COMODISTI"

                                       


Può accadere di ripensare alle proprie immature relazioni amorose dell'adolescenza con sentimenti misti tra nostalgia e imbarazzo. Quei tumulti  del cuore che ci erano apparsi così intensi e profondi
si rivelarono poco più tardi del tutto inconsistenti e anche ridicoli. Eppure vi sono esperienze che ritornano costantemente nella nostra vita anche se spesso ci si illude che appartengano solo a una sua stagione. 

Il mio ricordo va per esempio a una ragazzina dagli adorabili riccioli d'oro. All'improvviso passeggiando mi investì con un appellativo ignominioso che non avevo mai sentito prima e che mi è poi stato talvolta rivolto nella sua sostanza, ma mai più in quella forma: "Sei un comodista". Nelle intense discussioni che seguirono capii di cosa mi rimproverasse e di come mi fossi meritato tale impropero: mi ero preso la libertà di non abbassare gli occhi dalle altre ragazze mentre camminavo con lei mano nella mano. Non servì a nulla ribadire con tutte le mie forze che amavo e desideravo lei sola. Per lei ero un comodista e tale sarei rimasto per tutto il resto del breve tempo che durò la nostra acerba relazione.

Il comodista, così come lo intendeva lei, era un tipo che anche se accoppiato faceva i “comodi suoi”: non limitava la sua libertà, non controllava i suoi impulsi. Devo confessare che fu un vero choc per me allora che mi figuravo la compagnia dell'altro sesso come una felicità assoluta e senza limiti. “Ma come – mi chiedevo scuotendo il capo – allora uscire con una ragazza è una specie di penitenza!”. Col tempo mi resi purtroppo conto che una tale concezione penitenziale delle relazioni amorose godeva di largo consenso non appena si lasciava la compagnia dei soliti sbruffoni da bar e ci si trovava o con una fidanzata o con una moglie. Il principio che la sorregge si può condensare in questa convinzione: “Se vuoi ciò che ti dà piacere, devi rassegnarti a innumerevoli atti di rinuncia”.

Per quanto si sappia che una gioia mancata sia anche più insopportabile di un dolore, si tratta di una sofferenza, pensano i morigerati, ben ricompensata. L'autocontrollo - con tutte le virtù che ne derivano  come la continenza, la temperanza, la pudicizia -  è il prezzo da pagare alla fedeltà, all'affetto, alla lealtà, alla certezza e a tanto altro ancora di più o meno conscio. Tutto sommato, dunque, anche per i virtuosi è una questione di convenienza: le virtù sono per loro lautamente compensate da tutti quei benefici che dà in cambio


Se è così, e non vedo come possa essere diversamente, la altrimenti deliziosa ragazzina dai riccioli d'oro, pur nella sua ingenuità, ha messo in scena un inganno in cui il seduttore evoluto non può cadere: siamo tutti “comodisti” giacché in un modo o nell'altro si cerca di ottenere o di mantenere quello che è più comodo. Anche la rinuncia alla propria libertà è un modo per volere bene a se stessi. L'unica differenza tra gli umani si constata nel loro atteggiamento mercantile: alcuni ritengono che il prezzo della rinuncia sia equo e accettano per così dire il contratto, altri invece lo rifiutano perché lo ritengono eccessivamente esoso.

Inutile sottolineare da che parte stia il seduttore evoluto. La virtù non può mai essere per lui la repressione del godimento o la cattiva coscienza per il piacere provato. Anche perché avverte quanto sia alto il rischio di decadere nel godimento della repressione e nel piacere della cattiva coscienza.

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