domenica 28 settembre 2014

ESPLORARE PER CONOSCERE



L'inizio e la fine sono notoriamente i momenti più importanti di una esperienza. Nelle storie, quelle scritte ma anche quelle della vita, la fine svela molto del senso di ciò che vi è accaduto. Se sia benevolo o nefasto si decide in gran parte nel momento in cui tutto giunge a conclusione. L'inizio è almeno altrettanto importante perché nell'approccio, nella conoscenza e nei primi atteggiamenti si svela e si apre gran parte di ciò che potrà essere o non essere. 
Come in tutti i momenti in cui la vita si manifesta agiscono in essa forze, pulsioni e istinti non del tutto controllabili che rendono inutile, anzi dannosa, una preparazione all'evento. È infatti del tutto controproducente affrontare l'esperienza di una nuova conoscenza preparandosi una lezioncina su ciò che si deve dire o tacere, fare o tralasciare. Tuttavia anche l'abbandono alla spontaneità ha, può avere, lo stesse effetto deleterio: muoversi alla cieca senza riguardi non può che condurre a ignorare l'interessante interlocutore, a non percepire le preziose informazioni nascoste ma anche espresse nel suo atteggiamento e nelle sue parole. È spontaneo, è naturale si direbbe, provare a dare il meglio di sé attraverso ciò che più ci sta a cuore e in cui, dunque, ci si sente maggiormente esperti. Non è però detto che la persona di cui vorremmo fare conoscenza condivida il nostro entusiasmo e la nostra passione. Anzi occorre una bella dose di fortuna perché sia così e, dunque, è piuttosto stolto rischiare. Magari può essere eticamente condivisibile e anche genericamente interessante proporre, per esempio, una serie di considerazioni sulla cucina salutistica, sui valori morali e sulle qualità organolettiche di una alimentazione strettamente vegana. Tuttavia se chi abbiamo di fronte ha l'abitudine e anche il piacere di mangiare un po' di carne (magari per ragioni biologiche, se appartiene al gruppo sanguigno 0), non è affatto opportuno dilungarsi in spiegazioni apologetiche come se potesse condividere a priori ogni nostra convinzione, attitudine e preferenza. 

Inizialmente, quando non si sa ancora chi si ha di fronte, non vi sono argomenti più utili e efficaci di altri, anche se, a dire il vero, la manifestazione di tendenze un po' troppo ascetiche non può di certo favorire quell'esplosione dei sensi che dovrebbe accompagnare una nuova conoscenza promettente vivaci coinvolgimenti emotivi e affettivi. Per questo è fondamentale tenere un atteggiamento esplorativo: non fissarsi su un argomento, men che meno uno divisivo, proporne diversi e di differente rilevanza facendo ben attenzione a quando con le nostre parole inizia a brillare un po' di luce negli occhi di chi ci sta davanti. Questo tipo di attenzione, più dell'argomento in sé, è fondamentale affinché l'approccio conduca agli sviluppi desiderati. Sarebbe una vera disdetta non cogliere certi assist in favore di argomenti che rendano una conversazione stimolante e promettente. L'errore da evitare è poi quello di non impegolarsi in materie su cui si è del tutto impreparati. Sarebbe di nuovo fatale avventurarsi nella faticosa trattazione di argomenti di cui non si sa nulla e di cui non si ha il minimo interesse. Se non si sa giocare in modo dignitoso un ruolo attivo anche da ascoltatore allora è meglio scivolare dolcemente su un discorso che interessi entrambi. La scoperta di un terreno comune è in definitiva il compito dell'approccio. Se non lo si trova è già un segnale chiaro di come occorra continuare altrove la ricerca.




venerdì 5 settembre 2014

NELLA CARNE DELL'ALTRO




Lo sanno i grandi predatori che è la loro impazienza a farli rimanere a bocca asciutta, ancor più dell'abilità e dell'energia disperata della preda. E lo sa anche il gatto nel cortile di casa che nella stagione degli amori indugia nell'attesa per ore e ore con enorme pazienza finché la gattina agognata non si decida a concedersi.

Anche i seduttori non evoluti hanno dovuto imparare dalla loro piccola o grande esperienza come ogni gesto precipitoso li allontani dal loro obiettivo. E pure loro sanno trarre, nel loro piccolo, insegnamenti da ciò di cui fanno esperienza. Ottengono così il relativamente valido convincimento che la donna ami farsi desiderare solo per accrescere di valore l'intima donazione di sé. I meno primitivi tra loro, o i presunti tali, osano addirittura addentrarsi nei meandri della psicologia femminile traendone l'idea che l'accenno inconcluso e la relativa attesa provocata possano accendere i sensi della femmina. Sono queste le riflessioni, a dire il vero  piuttosto grossolane, che possono portare i seduttori non evoluti a concepire una strategia seduttiva temporeggiante sul modello dei predatori animali.

Intanto occorre osservare come sia difficile comprendere a fondo la psicologia nel mondo animale e applicarne correttamente l'esempio. Se si riduce a una semplice imitazione l'indugio diventa una tecnica che si manifesta come una superficie troppo trasparente: vi saranno sempre gesti, sguardi e parole che escono per loro conto a boicottare le migliori strategie. Se il desiderio cieco si impossessa del seduttore nessuna sua accortezza potrà impedirgli di manifestarsi con tutta la sua frenesia nei modi più subdoli.

Il seduttore evoluto non si occupa di strategie perché mira a ottenere la complicità del desiderio, a viverlo come momento reciproco. Desidera sì ottenere l'ospitalità di un altro corpo, ma anche scoprire di essere un corpo desiderato. L'attenzione al modo in cui viene accolto e vissuto diventa così per lui uno strumento di conoscenza di sé, permette un apprendimento che si ottiene solo grazie alla benevola ospitalità dell'altro. L'indugio è allora la conseguenza di un timore naturale e congenito nell'istinto di conservazione: la trepidazione di fronte alla rivelazione di dimensioni nuove di sé, l'apprensione di fronte all'eventualità di ripensare se stessi scoprendo un senso e un valore inattesi in ciò che si sta facendo. È così che il seduttore evoluto va oltre la solitudine del conquistatore per aprirsi a un incontro con l'altro che lo interroghi e che eventualmente lo cambi. Il corpo non è più solo uno strumento per soddisfare una sete, per aprire e chiudere un atto che trova in sé il proprio definitivo compimento. 

Il desiderio di entrare nell'altro, con-fondersi in un'unica carne conduce a un gesto rischioso per la propria identità: nessuno può sapere cosa diventerà nel corpo dell'altro. L'insicurezza, l'esitazione e anche talvolta l'inettitudine sono il sintomo del comprensibile turbamento che accompagna la scoperta di sé attraverso la fusione con l'altro. Il suo dono dell'ospitalità nella sua carne è sì quello della dolce accoglienza, ma pure quello – si direbbe anche più prezioso, benché difficile da accettare – dell'opportunità di apprendere qualcosa di sé.

COLTA SUL FATTO Ero andato ad aspettare Olga all’aeroporto, lo facevo spesso per evitarle la fila ai taxi. L’avevo intravista gi...