domenica 20 luglio 2014

LE PAROLE D'AMORE




Tra le molte sopravvalutazioni degli innamorati quella delle possibilità di esprimersi attraverso il linguaggio è senza dubbio tra le più insidiose. I compiti che gli si attribuiscono sono in effetti del tutto esagerati nelle loro pretese. Si pensi al topos della perfetta conoscenza esaltato in  tanti filmetti americani concentrato nella frase: “Abbiamo parlato tutta la notte e ora nessuno dei due ha più segreti”. O si pensi anche a certe poesie d'amore in cui si vaneggia di dare addirittura voce a un organo, sì tanto menzionato ma non per questo più decifrabile, come il cuore. Quanto però la lingua sia strumento inaffidabile lo si comprende abbastanza presto, vale a dire appena sorgono le prime discussioni. È un attimo rendersi conto con raccapriccio di come si sia in grado si farsi capire solo se dall'altra parte vi è la volontà di intendere ciò che si vuole dire.

Visto che è sempre decisiva la predisposizione di chi ascolta, è inutile che gli innamorati si mettano alla ricerca delle parole d'amore, delle parole poetiche, profonde e decisive che suggellino il piccolo miracolo non del tutto quotidiano dell'innamoramento. È sufficiente vivere l'attimo dell'ebbrezza amorosa, abbandonarvisi e lasciare che le parole vengano da sé. Le parole non hanno mai solamente il compito di rappresentare, sottolineare, spiegare. Quelle d'amore, in particolare sanno essere molto di più di un semplice dire:  possono accarezzare, baciare, abbracciare perché in esse - nel suono e nell'intonazione più che nel senso - si materializzano i desideri di chi le pronuncia. E possono regalare sorprendenti paesaggi onirici, atmosfere magiche, colori, suoni e profumi favolosi a chi le ascolta. Nel suono della parola d'amore si addensa una molteplicità di voci e così anche i silenzi, gli sguardi, le mani e i corpi degli innamorati imparano a dire meraviglie.

Ovviamente esiste, per la parola d'amore, il rovescio della medaglia. Anche quella più nobile e seducente può graffiare e offendere se chi la enuncia lo fa per ragioni che nulla hanno a che vedere con l'ebbrezza amorosa. Allo stesso modo possono soffocare morendo in gola se vengono destinate a chi non ha nessuna volontà di intenderle. 

Le parole d'amore sono molto di più del senso che articolano: il loro suono arriva fin là dove non conta solo il pensiero. E possono essere anche  molto meno se vengono dette alla persona sbagliata.

giovedì 3 luglio 2014

L'ISTINTO ANIMALE



Stendhal, che di faccende amorose doveva intendersene, pensava che la felicità erotica fosse preclusa ai grandi amori. Freud poi sosteneva addirittura che l'oggetto del desiderio, per essere tale, dovesse subire una "degradazione". L'intesa e l'armonia di coppia sterilizzerebbero la relazione giacché l'eros avrebbe bisogno del conflitto e della disarmonia per manifestarsi. L'eros, dunque, si lascerebbe fecondare solo dal caos, come affermava il romantico tedesco Friedrich Schlegel. 

Al cospetto di tali pensatori sembra che il seduttore evoluto debba rassegnasi ad abbandonare la ricerca dell'eros nell'intesa intellettuale, nell'affinità emotiva, nella "cortesia" relazionale. Eppure ci sono buone ragioni per pensare che possa persistere nel suo atteggiamento gentile. L'idea del "maschio" à la Rambo immaginato solo nel secolo scorso non appare infatti poi più così attuale. Le consapevolezze maschili più evolute del nostro tempo si chiedono, per esempio, se abbia ancora un senso mettersi sul piede di guerra e indossare le vesti del guerriero ogni volta che la vita fa intravedere un obiettivo desiderabile o ci chiede di proteggerci

Il seduttore evoluto, intelligentemente "indebolito", avverte l'insensatezza del mitico eroe trionfante e accetta serenamente di essere un umano che deve imparare a convivere anche con desideri irrealizzati e a sopravvivere alle sconfitte. L'esempio del Rambo dell'immaginario maschile non lo incanta perché alla fine l'eroe rimane comunque solo col suo trionfo e il seduttore evoluto si immalinconisce al pensiero di trionfi che lasciano soli.

È tuttavia anche vero che sarebbe stolto buttare il bambino dell'eros con l'acqua sporca dell'eroe trionfante e rinunciare alla sua carica vitale o semplicemente al piacere che offre. L'uomo che non è, o non è più, può infatti essere recuperato con la fantasia e con le forme rituali che questa suggerisce. Nel tempo e nello spazio del rito può abbandonarsi a comportamenti, azioni e pensieri a lui ormai lontani eppure vicini, ritrovare radici che giacciono sonnecchianti nelle sue sfere più intime. La riscoperta del caos primitivo, dell'istinto e della lotta può allora avvenire nello spazio regolato del gioco e del rito: per un tempo determinato, in uno spazio circoscritto. Sospendere momentaneamente ciò che una vita sensata gli suggerisce – cortesia, rispetto, confidenzialità e così via – per aprirsi a una vita sì a lui lontana, ma anche vicina, gli permette di ritrovare in sé tutta l'energia della natura irresponsabile e violenta che anima i nostri istinti

La violenza insita nell'eros che si dispiega nell'atto sessuale animale è così recuperata in modo rituale senza tuttavia sconvolgere l'armonia della relazione. Si possono così riscoprire e racchiudere in un ambito a sé stante, sensazioni, paure e desideri che la ragione evolutiva tende a nascondere. Può, per esempio, trovare spazio il desiderio di esplorare il confine incerto tra opposti: tra dolore e piacere, tra creazione e distruzione, tra vita e morte.

Occorre tuttavia molta fiducia tra i partner – dunque una forte volontà di armonizzazione – per abbandonarsi a questo gioco ai confini tra accoglienza e rifiuto, tra benevolenza e violenza. Eppure sapere ritrovare l'ordine dopo avere gettato uno sguardo sul caos che può sempre governarci a nostra insaputa, significa salvare sia ciò che ci umanizza, sia ciò che ci rende felicemente animali.



COLTA SUL FATTO Ero andato ad aspettare Olga all’aeroporto, lo facevo spesso per evitarle la fila ai taxi. L’avevo intravista gi...