domenica 5 gennaio 2014

LA POTENZA DELLA VOLONTÀ




La befana ha una grande importanza nella nostra vita probabilmente perché già dalla più tenera età ci introduce a una esperienza che soprattutto da adulti ci dà molto filo da torcere: lo scontro perturbante con la doppia natura di ogni faccenda umana, il suo apparirci secondo il caso immensamente buona o tremendamente cattiva. Da bambini si è in genere protetti dalla benevolenza dei genitori che, mettendo regali e dolciumi nella calza, impediscono alla befana di essere quella che appare, vale a dire una orrenda megera capace solo di vendicarsi con carbone e cipolle per banali marachelle, per capricci appena accennati. Da adulti invece non c'è nessuno che ci protegga quando ci toccano cose brutte al posto di quelle belle. Così si rimane soli col proprio sconcerto se ci si accorge  di come gli stessi oggetti, luoghi, persone che  ci hanno aperto l'anima e il cuore alla beatitudine più assoluta, possano gettarci nello sconforto più profondo. Gli amanti abbandonati sanno bene come lo stesso tramonto, la stessa notte stellata e la stessa pioggia sui vetri che hanno deliziato il loro animo e dilettato le loro membra, possano trasformarsi in atroci sofferenze per lo spirito e la carne soltanto se l'amata non è più con loro. Le cose del mondo si trovano sempre in bilico tra la benevolenza e l'ostilità giacché dipendono pericolosamente dalla mutevole condizione di chi le incontra.

Come accade in letteratura, è l'ultimo evento che può fare apparire una storia consolatoria o angosciante. Così  ci si ritrova indifferentemente con una visione della vita disillusa e avvilita o una positiva e ottimistica in base ad accadimenti del tutto casuali come, rispettivamente, una separazione dolorosa o un incontro stimolante. Se non si impara a difendersi ci si ritrova in balia della casualità dell'ultimo evento, si rimane impotenti di fronte al suo terribile potere di trasformare il nostro mondo e il suo senso.  

Se bastasse la volontà  per dirottare a proprio piacimento le circostanze, allora la sottomissione al potere dell'ultimo evento non sarebbe così drammatica: anche nel caso più nefasto ci sarebbe la possibilità di fare qualcosa, di impegnarsi per riconquistare le certezze perdute. Purtroppo, o per fortuna, alla nostra volontà non tutto è possibile. Tra le sue impossibilità vi è quella di cancellare il passato. L'amata potrebbe anche tornare, ma rimane comunque indelebile l'esperienza del suo abbandono, della sua trasformazione da figura del bene a quella del male, da angelo a diavolo. Quella che è stata è scomparsa col suo gesto di disamore e nessun oblio volontario potrà riportarla.

Eppure la volontà non è del tutto impotente. Può fare prendere, per esempio, le uniche decisioni che salvino, se non l'amore, almeno molte delle cose buone del mondo: le decisioni che ci impegnano a intendere l'accaduto doloroso nel modo più favorevole. La separazione allora può essere considerata, se si è in grado di farlo, come una esperienza opportuna, addirittura buona. Si tratta insomma di sapere scegliere ciò che volge al meglio, o almeno non contrasta l'ineludibile corso degli eventi.

Se la forza di volontà degli umani non può tutto, allora la sua funzione precipua non è nel modellare gli eventi secondo il nostro volere ma nel sapere trovare interpretazioni a ciò che accade che si armonizzino con l'esistente e lo valorizzino. Per questa semplice ragione è molto utile sapere vedere un angelo e non un diavolo nell'amata di cui ci è cara la presenza. Se poi la volontà interpretativa non regge di fronte alla forza distruttrice degli eventi, allora la decisione migliore è quella di scegliere di soffrire. Pure questo è un gesto volitivo che indica volontà di potenza: ciò che si è deciso in autonomia può essere revocato in ogni momento.

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