venerdì 20 dicembre 2013

L'OLTRESEDUTTORE




Per comprendere e definire l'evoluzione del seduttore sarebbe molto fuorviante pensare al presunto processo evolutivo che distinguerebbe l'uomo dalla scimmia. L'emancipazione del seduttore da una condizione di rozzezza, volgarità e ignoranza è invece determinata in via prioritaria da come impara a riconoscere e accettare limiti e rischi della seduzione amorosa, i suoi aspetti ambigui e illusori. 

Il seduttore evoluto non chiede a se stesso nulla di particolare. Non si lascia, per esempio, contagiare dalla fantasia con cui da secoli si ammanta l'esperienza amorosa, vale a dire che l'amore sia per sempre. Nulla di terreno può rimanere quello che è, folle è dunque pensare l'amore nei tempi eterni con cui si può immaginare la realtà che trascende l'umano. Il seduttore evoluto non rinuncia però per questo alla dolcissima promessa di eternità che accompagna l'abbraccio degli amanti. Solo sa accoglierla come un bel sogno notturno pronto a svanire al mattino. Nessun amore potrà mai contrapporsi al potere distruttivo del tempo. L'amore è contaminato, e non può essere diversamente, dalla precarietà della condizione terrena. Il vaneggiare di portarlo oltre ad altro non conduce se non al disprezzarne l'essere cosa di umani, a soffrirne dei limiti, a macerarsi nell'imperfezione a cui è destinato.

L'evoluzione conduce il seduttore  a vivere ogni amore senza pretendere che rimanga per sempre quello che è. In tal senso il seduttore evoluto prende le distanze non dalla scimmia (dalla quale eventualmente ha qualcosa da imparare) ma dalla nevrosi del “dongiovannismo” che ricerca in modo compulsivo la stessa gioia e non trovandola si costringe di volta in volta a un nuovo inizio.
Per questo sa abbandonandosi all'attimo d'amore senza considerare il suo fuggire come una imperfezione. E ancora per questo sa prendere congedo da ciò che è stato superando le illusioni che impediscono di considerarlo e viverlo per tutto ciò che effettivamente è e può essere. Il seduttore evoluto non ambisce affatto alla condizione di eroe trionfante che supera i limiti dell'ordinario, ma a una vita in cui si sappia amare pienamente ciò che offre la terra senza il tormento della nostalgia del cielo.

giovedì 5 dicembre 2013

CHI AMA HA SEMPRE RAGIONE. O NO?



L'adultero ha un argomento a cui si può controbattere solo con strumenti di natura giuridica: nessuno, se non il giudice, può chiedergli ragione se questi afferma di essere guidato dalla forza di un amore che tutto sovverte.  Al marito che si invaghisce della bella segretaria o dell'affascinante collega si può certamente fare pagare a caro prezzo la sua vitalità amorosa attraverso l'ingiunzione giudiziaria di una esosa corresponsione di alimenti. Allo stesso modo questi potranno essere anche del tutto negati se è la moglie a innamorarsi perdutamente del maestro di salsa cubana o di un compagno del corso di yoga. La via giuridica ha però un grave limite: può solo certificare l'accaduto, non prevenirlo. L'atto di giustizia non può mai ristabilire la situazione precedente, può al massimo trovare un succedano, benché a suo modo altamente gratificante come appunto ad esempio, una succulenta vendetta di ordine economico.

Il ricorso al comunque imperfetto sostegno della legge è reso necessario dalla umanissima convinzione che al cuore non si comandi e dalla conseguente forza che gli umani attribuiscono al semplicissimo argomento: “È l'amore che chiama, non posso farci nulla” o, in termini più poetici: “Amor che a nulla amato amar perdona mi prese del piacer si forte che come vedi ancor non mi abbandona". Nulla si può ribattere a chi si affida ad affermazioni di un simile tenore per negarsi al ristabilimento dell'ordine col ritorno all'ovile della coppia: chi ama ha sempre ragione. Ma è proprio l'avere ragione a renderlo, per così dire, schiavo dell'amore. Chi ama in tal modo si degrada  a soggetto passivo: una parte di lui, quella sofferente e altrimenti ligia al dovere, è costretta, contro la volontà di un'altra sua parte molto più forte, a soggiacere alla forza crudele di una felicità a cui spetta ogni  tributo e che richiede ogni sorta di martirio.

Quanto sia tuttavia fragile la posizione di chi affida la propria libertà sentimentale alla unanimemente riconosciuta ragione dell'innamorato si svela semplicemente con il ribaltamento della situazione, vale a dire quando la medesima forza viene messa in campo per tenere legata la persona amata, per fare insomma valere l'amore che si offre  come una sorta di polizza a garanzia della stabilità relazionale. Se chi ama ha sempre ragione, ancora di più ce l'ha se l'amore è al servizio della sicurezza e della continuità della coppia. Proprio il consenso goduto dall'innamorato e dalla sua ragione, l'immediatezza istintiva con cui la si accoglie, ne rende il richiamo un'arma tanto insidiosa da potere facilmente esplodere nelle mani di chi vi si affida.

Il seduttore evoluto non ha la necessità di richiamarsi a principi superiori per giustificare le proprie azioni. Non pretende di avere la ragione dell'innamorato e non cade nella trappola del ricatto affettivo. La ragione che riconosce non è quella dell'amore, ma quella della vita stessa con le sue decisioni e i suoi rischi. Il suo agire più autentico non è nel riconoscere forze che lo sovrastano, ma nel godere della libertà e della responsabilità di decidere e di rischiare. 


COLTA SUL FATTO Ero andato ad aspettare Olga all’aeroporto, lo facevo spesso per evitarle la fila ai taxi. L’avevo intravista gi...