giovedì 19 settembre 2013
IL PIACERE SOLITARIO DELLA CONTEMPLAZIONE
La bellezza seduce e seduce ovviamente anche il seduttore, qualsiasi sia il suo grado di evoluzione. Anche coloro che di solito si lasciano trascinare da istinti puramente animaleschi possono facilmente sorprendersi nella contemplazione di un volto, dell'irresistibile mistero di uno sguardo sfuggente, dello svolazzare di una gonna su un passo leggero.
Come tutti i piaceri, anche quello della contemplazione non è scevro da insidie ed effetti collaterali decisamente perniciosi se non si comprende come alla percezione della bellezza contribuiscano in modo decisivo l'occhio, le viscere e il cuore di chi osserva e ammira. La bellezza può essere riconosciuta e amata se chi la osserva ha la propensione, la disponibilità, la sensibilità per scoprirla. Solo chi sa immaginarsela è anche in grado di riconoscerla.
Può accadere allora che la perfezione sia semplicemente nei desideri del soggetto che osserva e gode, ma per nulla nel soggetto osservato e goduto. Gli esseri non perfetti, come in genere sono gli umani, se elevati al rango di esseri venerabili si lasciano con facilità sedurre dall'istinto primordiale del dominio e del potere. Ed è così che i gaudenti fruitori della bellezza umana possono essere resi docili e sofferenti esecutori di capricci e volontà altrui.
Può essere che il piacere procurato dalla contemplazione compensi del tutto la pena della schiavitù. Può anche essere che la pena della schiavitù sia la profonda, inconfessata brama di ogni servile e docile ammiratore. Se tuttavia non si ha alcuna intenzione di affidare la propria dignità alla superbia e alla sete di dominio altrui e nello stesso tempo non si voglia rinunciare al godimento dell'ammirazione, una strada c'è: rendersi conto che il sentirsi contemplati è anch'esso un piacere di cui si può diventare schiavi e che dunque, si può essere tanto dipendenti dal piacere della bellezza quanto da quello di essere ammirati. Senza il venerante non esisterebbe nemmeno il venerato. Un padrone che per sentirsi tale ha bisogno di uno schiavo ne assume il ruolo e la parti si invertono.
Il seduttore evoluto che si è liberato dalla tentazione della vanità e del dominio, sa godere della bellezza senza farneticare impossibili idealità, vedendo anzi bene le imperfezioni. In fondo sono queste che ci ricordano che la perfezione è solo un sogno e che se talvolta si vaneggia di incontrarla è perché non ci si vuole privare di un piacere di cui si è artefici solitari.
sabato 7 settembre 2013
LA GELOSIA FOLLE
Tra i fastidi che può comportare la condizione di seduttore evoluto uno dei più frequenti è quello di doversi confrontare con la gelosia della compagna o della moglie. Si tratta di una seccatura per certi aspetti inevitabile, ma non per questo meno molesta e, soprattutto, pericolosa se non affrontata con la necessaria rilassatezza e sensibilità d'animo.
Va detto subito che le situazioni meno impegnative sono quelle in cui la gelosia è vissuta in modo cosciente e si esprime in forme eloquenti e dirette. È vero che non è sempre facile resistere con la dovuta compostezza ad attacchi spesso tanto furibondi da far pensare di aver commesso il più efferato dei delitti. Eppure l'esposizione di fatti con almeno una parvenza di concretezza, anche se ottenebrata da un istinto annichilente, permette di reagire esibendo razionalità, rilassatezza e una coscienza immacolata giacché sono ben poche le circostanze che non si lascino spiegare come l'espressione della più candida innocenza. Del resto una delle qualità più importanti del seduttore evoluto è quella di avere l'accortezza di non mettersi mai in situazioni troppo imbarazzanti.
La prova più difficile si presenta quando la gelosia si manifesta in forme inconsapevoli e si incaponisce su fatti del tutto insignificanti a cui nessuna razionalità o rilassatezza può dare risposte sensate. “Tu non prendi seriamente le cose che dico”, “Non mi dici mai che mi ami”, “Ieri sera hai ricevuto un sms e hai fatto finta di niente” non sono che alcune delle possibili frasi che preludono a giorni di malumori e musi lunghi se non si reagisce nel modo opportuno. Sarebbe infatti un errore grave il prendere sottogamba tali manifestazioni di palese sproporzione tra l'evocazione di un dato di fatto e il comportamento che ne consegue. Basti ricordare Vasja Pozdnyšev, il personaggio nella Sonata a Kreutzer di Tolstoj che pugnala a morte la moglie solo perché la sorprende nell'esecuzione della sonata beethoveniana assieme a un musicista amico di famiglia.
Fornire mille spiegazioni, confessare la propria innocenza, non farebbe che aggravare la situazione perché suonerebbe come una pericolosa conferma di un dubbio che lei stessa non riesce nemmeno ad articolare. Mai come in questi casi l'eliminare, il ridurre, l'evitare si fanno comportamenti eclatanti e di grande impatto comunicativo. Tanto piccola e insignificante è la realtà evocata, altrettanto dimessa e sottotraccia deve essere la reazione. A volte bastano piccoli gesti come l'aprirle la portiera, lasciarle il passo o svuotare la pattumiera di propria iniziativa. A volte nemmeno questo basta, ma si sa che la vita di coppia ha i suoi rischi.
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