lunedì 20 maggio 2013
LA LODE MALDESTRA
Vi è un modo inequivocabile per farsi riconoscere subito come seduttori maldestri: permettersi complimenti piuttosto diretti e continuativi. Se è vero che qualsiasi lode, anche la più improbabile, viene tendenzialmente creduta, è altrettanto vero che lascia trapelare con troppa evidenza un intento non proprio disinteressato. Il gesto apparentemente cortese dell'elogio si svela ben presto – soprattutto a chi è avvezzo a ricevere complimenti – per quello che è, vale a dire una esposizione smaccata dei propri desideri che risulata in genere piuttosto invadente e aggressiva.
Il giocare la carta dell'apprezzamento – carta utile per la verità per premiare non solo la vanità femminile – è troppo importante per vanificarla mostrandosi incapaci di controllare i propri impulsi. Ciò che è però peggio è il lasciare l'idea di considerare la bella lodata come troppo ingenua e forse anche un po' tonta: “Come si può creder di fare colpo con simili mezzucci?” è la domanda che non può non porsi qualsiasi corteggiata con un minimo di senno.
Un encomio, affinché si possa sperare in una suo positivo effetto comunicativo, deve essere indiretto e allusivo quanto basta. Dovrebbe materializzarsi quasi casualmente dalla conversazione tenendo lontano il dubbio che si conti sulla sprovvedutezza altrui al fine di fare i propri comodi. Sempre efficace è la citazione di una frase pronunciata dalla bella corteggiata. Il relativo complimento implicito può materializza nella sua testa più o meno in questo modo: “Dici cose interessanti che vale la pena ricordare e riproporre”. Poi è fondamentale lo sguardo: vi sono sguardi anche più violenti di certe frasi e sguardi che sono una lode alla bellezza senza per questo invadere con prepotenza lo spazio altrui.
Ciò che è solo suggerito senza essere esplicitato cresce nella sua mente, accade dentro di lei e questo rende attiva la bella corteggiata: coinvolta direttamente non è più solo oggetto passivo di attenzione. In tal modo si apre la possibilità di dirigersi assieme verso un obiettivo perché colui che brama e desidera si dimostra in grado di armonizzarsi con i tempi della concupita e di sapere attendere il suo attivo coinvolgimento.
lunedì 6 maggio 2013
“TI È PIACIUTO?”
“Ti è piaciuto?” è stata per lungo tempo la domanda fatale che gli uomini, imitando gli eroi di pessime commedie sentimentali, ponevano alla propria partner dopo l'atto sessuale mentre accendevano calmi e trionfanti una sigaretta. Per fortuna ormai da anni questa domanda non risuona più nelle sale cinematografiche e con ogni probabilità dunque nemmeno nell'intimità delle alcove. Tuttavia l'ambizione che un tempo mirava a una risposta del tipo: “È stata l'esperienza più sconvolgente della mia vita” nasce da una attesa ancora dura a morire: quella che ogni intimo incontro amoroso debba rappresentare il non plus ultra dell'ebbrezza e della felicità erotica.
Nella depressa realtà di una oscura vita quotidiana al momento amoroso viene spesso attribuita l'improbabile prerogativa di trasportare miracolosamente in una realtà nuova e luminosa. Nell'immaginario che ne alimenta l'attesa spropositata non vi sono uomini e donne con i loro limiti, tristezze, piccolezze, timori e quant'altro sia di umanissima debolezza. Nella prefigurazione del desiderio vi è spazio solo per eroi trionfanti di impavide e gloriose battaglie. Chi pochi minuti prima ha avuto difficoltà nel parcheggio o è stato tormentano da un dolore qualunque alle spalle o ai denti, o si è irritato per la più innocua delle considerazione della partner, si sente investito per quel frangente di una missione ponderosa.
A parte il fatto che sarebbe razionalmente incomprensibile come gli umani possano compiere per abitudine l'esperienza più sconvolgente della loro vita, è facile rendersi conto di come sia molto raro lo stato di grazia fisico e mentale che esige la realizzazione pratica di fantasie erotiche che per loro natura sono eccezionalmente audaci. Sarebbe già un ottimo risultato, anche in considerazione delle condizioni date, se una pur modesta gioia interrompesse la spesso tenace catena di inconvenienti a cui ci tiene legata la quotidianità.
Grandi pretese non possono che condurre a grandi delusioni. Dato che profonde disperazioni nascono proprio da gioie mancate, per evitarle è sufficiente ambire ad una gioia modesta, o comunque a quelle gioie che l'esperienza ci suggerisce come possibili. In tal modo è poi facile superare le attese e stupirsi in modo positivo. Si sa come il morale alto renda ottimisti e, dunque anche in grado di dare il meglio di sé in tutti i campi.
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