mercoledì 6 febbraio 2013
IL BELLO DEL CANE MENATO PER L'AIA
Il seduttore evoluto sa bene di dovere tenere sempre in considerazione l'eventualità di un rifiuto. Evenienza che non pretende azioni o gesta particolari. Dal confronto con una scusa palese al più chiaro e deciso dei no, è facile fare la cosa giusta: prendere atto della situazione, optare per una strategia d'avvicinamento più accorta, se non per una dignitosa ritirata.
La difficoltà maggiore si presenta quando occorre subire l'onta di forme di rifiuto non proprio urbane: dalle espressioni che manifestano in forme rozze una sorpresa indignata, a quelle che sottolineano in modi beffeggianti una presunta velleitarietà dell'intento. In questi casi, poi non così frequenti, la scelta migliore è quella di convincersi di come il pessimo carattere del pur attraente esemplare femminile sconsigli ogni ulteriore contatto, anche quello preteso dalla vanagloria di uscire dalla contesa solo dopo aver ottenuto l'onore delle armi.
Una forma di rifiuto che irrita taluni ma che deve essere accolta con gratitudine, è quella raddolcita da una messa in scena che non si nega ma che rimanda all'infinito l'agognata risposta di assenso. È vero che può essere irritante il dovere disdire prenotazioni o il trovarsi a riorganizzare all'improvviso alla bene e meglio una serata attesa come potenzialmente ricca di scoperte. Eppure bisogna sapere apprezzare il gesto generoso e impegnativo di abbellire la realtà di un rifiuto in modo da renderlo accettabile. Ma non solo: la gentilezza nel diniego è anch'essa una forma di promessa perché non chiude la relazione e lascia a suo modo uno spazio di futuro per un'altra opportunità. In ogni caso, anche se non ci fosse nessuna intenzione, né per il presente né per il futuro, è sempre gratificante l'amabile compagnia di un essere gentile che, pur “menando il can per l'aia”, non disdegna di esibire la parte migliore di sé anche nel caso di un rifiuto.
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