martedì 12 maggio 2020



COLTA SUL FATTO


Ero andato ad aspettare Olga all’aeroporto, lo facevo spesso per evitarle la fila ai taxi. L’avevo intravista già oltre la parete trasparente, confusa nella folla di passeggeri che si affrettavano verso l’uscita. Possibile che fosse vero ciò che avevo visto? Che Olga con una mano tenesse il trolley e nell'altra stringesse quella di un uomo? Percorsi un tratto a loro parallelo oltre il pannello, nella loro direzione. Dovetti farmi largo a fatica tra la gente ammassata in attesa di un parente o di un amico. La calca me li fece perdere di vista e all'uscita non li ritrovai, benché il flusso si fosse già diradato. Forse si erano fermati per salutarsi con le dovute effusioni, per non doverlo fare più tardi col rischio che li scoprissi. Tornai indietro, osservando il via vai con tutta l’attenzione possibile. Solo quando la folla dei passeggeri si era ormai diradata mi diressi di nuovo verso l’uscita. Fu lì che li ritrovai, davanti a me, confusi tra gli ultimi passeggeri del volo, ancora la mano nella mano, anzi no lui le aveva messo il braccio lungo la vita e camminavano vicini vicini. Si dirigevano stretti, ma di buon passo verso i taxi o i parcheggi. Perché mai non si erano lasciati prima? Era all’uscita del gate che di solito la aspettavo. Perché aveva rischiato con tanta leggerezza di farsi scoprire? Intendeva mettermi davanti al fatto compiuto? Oppure, visto che l’aereo era atterrato con un po’ di anticipo, volevano tenere per sé quei pochi minuti in più? Oltrepassarono la fila dei taxi, lo avrebbe dunque accompagnato al parcheggio. Chissà che scusa avrebbe trovato una volta tornata al gate d’uscita dove pensava la stessi aspettando. Quando, inseguendoli a debita distanza, li ho visti salire sulla stessa auto non capii più nulla. Tutto ciò che riuscii a pensare era alla necessità di affrettarmi per non perderli di vista. Li ritrovai al primo semaforo dove presero la direzione opposta a quella che l’avrebbe riportata a casa. Dovevo inseguirli, era troppo importante sapere qual era il luogo del tradimento. Suonò il cellulare, prima la suoneria di un messaggio, poi quella di una telefonata. Non era certo il momento di rispondere. Dopo l’autostrada percorsero una strada stretta di pianura con i fossati ai lati. Stavano andando in campagna. Forse si erano accorti di essere inseguiti e non avevano più una meta precisa. Invece si fermarono dopo avere svoltato in un breve vicolo sulla destra. Si aprì il cancello su un vialetto alberato che portava a una signorile abitazione di campagna. Che fare? Mettersi a suonare al campanello di casa e rubarli alla gaiezza di una sicura alcova adulterina? Mi sentii disorientato e intanto si fece sentire di nuovo la suoneria del cellulare. Ancora un messaggio. Guardai ma solo per perdere un po’ di tempo finché non mi si fossero riordinate le idee. Lessi: “Spero non ti sia successo nulla, ma immagino si tratti solo di una tua consueta dimenticanza. Ho preso un taxi. Fammi sapere. Ti aspetto qui a casa. Ciao”. 

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