lunedì 22 maggio 2017

L'ESPERIENZA AMOROSA DALLA PROSPETTIVA DELLA FINE


Max Frisch, Montauk (tr. Bruna Bianchi), Torino, Einaudi, 1977

L'ormai anziano ma non ancora vecchio scrittore è stato invitato a New York per promuovere l'edizione americana del suo ultimo romanzo. Il programma prevede letture pubbliche e interviste. Lynn, una giovane segretaria, lo accompagna nell'organizzazione degli eventi pubblici e del tempo libero. La frequenza del contatto favorisce la confidenza reciproca e così trascorrono una notte nel piccolo appartamento della giovane e successivamente, il giorno prima del congedo, intraprendono una escursione sulla penisola di Montauk. Tutto qui l'opera considerata da molti commentatori come la migliore, la più intensa e "sincera" dello scrittore svizzero? No, non è tutto qui. Se allo scarno resoconto si aggiungono solo due particolari – il corpo dell'uomo si nega all'abbraccio intimo e unicamente sporadiche, consuete parole accompagnano il loro comune fine settimana – si comprende come il tema del racconto non possa essere semplicemente una discutibile vicenda amorosa tra una giovane segretaria e un famoso scrittore ormai anziano.

Nello spazio del silenzio e del non accadere delle cose, comunque cercato e voluto dal protagonista, si insinuano i ricordi a episodi della sua vita passata, precisamente circostanze delle sue relazioni amorose. Il passato emerge senza alcuna volontà esplicita ma appare subito chiaro il rapporto con con il presente: ritorna in forme e modi del tutto uguali pur se il tempo, il luogo e la donna sono cambiati. In tal senso è facile comprendere come il diniego del corpo così come la volatilità della mente siano una risposta ancora non del tutto consapevole alla perdita di identità, originalità e autenticità che si manifesta in atteggiamenti e sensazioni rimasti uguali nel tempo. La consapevolezza di essere estraneo allo scorrere del tempo, al suo divenire è allora la conseguenza di una memoria che invade il presente per smascherarlo nella sua mortale fissità. Da qui l'urgenza di riconoscere ciò che nel tempo si è perso definitivamente. Soltanto da questa presa di coscienza si apre per lui una opportunità per  una relazione possibile, dunque autentica e "sincera".

L'unico contatto tra loro è reso possibile da un atteggiamento che tenga in considerazione le distanze, che esprima e comunichi l'impossibilità di una relazione, di un coinvolgimento dell'uno nella vita dell'altro. Ciò che li divide non è solo la grande differenza nell'aspettativa di vita, la quantità di tempo che rimane loro da vivere. La promessa di prendersi cura della sua felicità è impedita anche da una mutazione qualitativa determinata dal tempo. I ricordi lo rendono consapevole delle illusioni che alimentano l'ebbrezza dei sensi e della mente. Ormai ha fatto esperienza di tutte le imperfezioni dell'amore, della sua inesorabile finitezza. Ma anche in questa disillusione rimane aperta una strada all'esperienza amorosa, sebbene anch'essa del tutto nei limiti umani. Quando qualcosa del mondo, del nostro mondo scompare, l'ultima possibilità di tenerlo in vita è quella di portarlo dentro di sé. Così vivere una relazione nell'accettazione della sua impossibilità significa accogliere una felicità amorosa che sopravvive all'assenza e alla perdita. La condizione nel divenire e nella morte non è dunque rimossa nell'esperienza amorosa dell'anziano scrittore perché la presenza dell'amata viene interiorizzata, ospitata dentro di sé.


Il pensiero all'amore nella condizione umana, che tuttavia rivela il desiderio di superarla pur riconoscendola invalicabile, è raccolto nello splendido verso di Paul Celan: Il mondo non c'è più, io devo portarti. Considerare l'esperienza amorosa dalla prospettiva della sua fine significa conciliarsi con una idea dell'amore che contempli anche l'abbandono.

COLTA SUL FATTO Ero andato ad aspettare Olga all’aeroporto, lo facevo spesso per evitarle la fila ai taxi. L’avevo intravista gi...